(versione in studio)
(versione live, completa)
(versione Ane Brun - 2011)
Lamento della Ninfa, SV 163 - Claudio Monteverdi
NON HAVEA FEBO ANCORA
Non havea Febo ancora recato al mondo il dì,
Ch'una donzella fuora del proprio albergo uscì;
Sul pallidetto volto scorgease il suo dolor,
Spesso gli venia sciolto un gran sospir dal cor;
Sì calpestando fiori, errava hor qua hor là;
I suoi perduti amori così piangendo va:
LAMENTO DELLA NINFA: AMOR
Amor
(dicea)
Amor
(il ciel mirando, il pie fermo)
Amor, Amor,
Dov e la fe'
Ch'el traditor
giurò?
(miserella)
Fa che ritorni il mio
amor com'ei pur fu,
o tu m'ancidi ch'io
non mi tormenti più
(miserella ah più, no,
tanto gel soffrir non può)
Non vo' più ch'ei sospiri
Se non lontan da me,
Che i martiri
più non dirammi affé
(Ah miserella
Ah più non so)
Perchè di lui mi struggo
Tutt'orgoglioso sta:
Che si s'el fuggo
Ancor mi pregherà
(miserella, ah, più, no
tanto gel soffrir non può)
Se ciglio ha più sereno
Colei ch'el mio non è,
Già non rinchiude in seno
Amor si bella fè
(miserella, ah, più, no
tanto gel soffrir non può)
Né mai sì dolci baci
Da quella bocca havrai
Né più soavi. Ah taci
Taci, che troppo il sai.
(miserella)
SI TRA SDEGNOSI
Sì tra sdegnosi pianti
Spargea le voci al ciel:
Così ne'cori amanti
Mesce Amor fiamma e gel.
Claudio Monteverdi - 1638 c.
P.S.
Lamento della ninfa che rappresenta, per me, il lamento del cavaliere, che trova, finalmente, una Fonte capace di placare la sua sete ma, arrivato ad un passo da essa, muore, completamente prosciugato, prima di potervi avvicinare le labbra.
- Ti amo, ti ho sempre amato, ti amerò per sempre.
Cav. Ines.
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